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Vesuvio la grande eruzione del del 79 d C

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L'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è il principale evento eruttivo verificatosi sul Vesuvio in epoca storica. L'eruzione, che ha profondamente modificato la morfologia del vulcano, ha provocato la distruzione delle città di Ercolano, Pompei, Stabia e Oplontis, le cui rovine, rimaste sepolte sotto strati di pomici, sono state riportate alla luce a partire dal XVIII secolo.

La data dell'eruzione del Vesuvio del 79 d.C. è attestata da una lettera di Plinio il Giovane a Tacito. Nella variante universalmente ritenuta più attendibile del manoscritto, si legge nonum kal. septembres cioè nove giorni prima delle Calende di settembre, data che corrisponde al 24 agosto.

L'attuale Vesuvio ha un'altezza minore rispetto a quella che aveva in epoca romana, quando i due pendii si univano in un'unica cima. Molti degli abitanti delle città vesuviane non furono in grado di trovare una via di fuga, l'improvvisa e sopraffacente pioggia di cenere e lapilli fece sì che non pochi di loro perissero nelle strade.

Le città stesse scomparvero alla vista, sepolte sotto almeno 10 metri di materiali eruttivi. Le desolate distese che avevano visto la vita vivace e ricca, ora erano evitate e oggetto di terrori superstiziosi.

Le caratteristiche dei fenomeni che interessarono Pompei e Stabia furono differenti rispetto ad Ercolano: le prime furono sommerse da una pioggia di cenere e lapilli che, salvo un intervallo di alcune ore (trappola mortale per tanti che rientrarono alla ricerca di persone care e oggetti preziosi), cadde ininterrotta. Ercolano invece non fu investita nella prima fase, ma quasi dodici ore dopo e, sino alle recenti scoperte degli anni '80, si era pensato che tutti gli abitanti si fossero posti in salvo. La natura dei fenomeni che interessarono questo piccolo centro (Ercolano), fu molto diversa. Infatti, ciò che accadde fu che il gigantesco pino di materiali eruttivi prese a collassare e, per effetto del vento, un'infernale mistura di gas roventi, ceneri e vapore acqueo (il cosiddetto flusso piroclastico) investì l'area di Ercolano. Coloro che si trovavano all'aperto ebbero forse miglior sorte, vaporizzati all'istante, di chi trovandosi al riparo ha lasciato tracce di una morte che, pur rapida, ebbe caratteristiche tremende. Il fenomeno è oggi conosciuto come "nube ardente" o frane piroclastiche.

Al calar della sera del secondo giorno, l'attività eruttiva iniziò a calare rapidamente fino a cessare del tutto. L'eruzione era durata poco più di 25 ore, durante le quali il vulcano aveva espulso quasi un miliardo di metri cubi di materiale.

Questa data era stata accettata come sicura fino ad oggi, ma alcuni dati archeologici via via emersi mal si accordano con una data estiva. Ad esempio, il ritrovamento di frutta secca carbonizzata, di bracieri, usati all'epoca per il riscaldamento, di mosto in fase di invecchiamento trovato ancora sigillato nei contenitori (dolia) e, soprattutto, di una moneta ritrovata sul sito archeologico, che riferisce della quindicesima acclamazione di Tito ad imperatore, avvenuta dopo l'8 settembre del 79, lasciano supporre che l'eruzione sia avvenuta in autunno, probabilmente il 24 ottobre di quell'anno.

I primi eventi sismici ebbero già inizio nel 62 d.C.,[5] con il crollo di diverse case che furono poi ricostruite negli anni successivi.[6] Solo alcuni anni dopo, nel 79 d.C., il Vesuvio iniziò il suo ciclo eruttivo che porterà poi al seppellimento di alcune zone di Stabia, Pompei, Ercolano e molte città a sudest dal Vesuvio.

Intorno all'una del pomeriggio con un boato terribile il Vesuvio eruttò. Le sostanze eruttate per prime dal Vesuvio furono fondamentalmente pomici,[7] quindi rocce vulcaniche originate da un magma pieno di gas e raffreddato. Mescolate alle pomici si trovano parti di rocce di altra natura che furono trasportate dal magma. La maggior parte dei cadaveri a Pompei sono rimasti intrappolati al di sopra delle pomici, avvolti nelle ceneri. I residui piroclastici della eruzione sono stati rintracciati in un'area ampia centinaia di chilometri quadrati. Secondo una stima di Plinio il Giovane, testimone del fenomeno, l'altezza della nube indicata secondo le moderne unità di misura può aver raggiunto i 26 chilometri.[8]

Per quanto riguarda la composizione chimica delle sostanze eruttate nel 79 d.C., questa è diversa da quella delle lave eruttate nel periodo che va dal 1631 al 1944; infatti i magmi pliniani hanno mostrato di possedere una maggiore ricchezza di silice, di sodio e di potassio e una minore quantità di calcio e magnesio; gli specialisti giustificano queste differenze con il fatto che, nel caso delle lave pliniane, il magma si sarebbe fermato per alcune centinaia di anni (circa 700) ad una profondità di qualche chilometro, nella camera magmatica, dove si sarebbe raffreddato fino a 850 °C e si sarebbe attivata la cristallizzazione.[9]
Una vecchia immagine del Foro di Pompei con il Vesuvio sullo sfondo (anteriore al 1914)

posted by verovivan5